(1915-1992)
Il signor Luigi Zarpellon nacque a s. Pietro in Gu, diocesi di Vicenza ma provincia di Padova, il 10 ottobre 1915, terzo di nove tra fratelli e sorelle. Di famiglia contadina ha imparato molto presto a guadagnarsi il pane nel duro lavoro dei campi. A 24 anni lascia il paese natale ed entra nella casa salesiana di Cumiana per un periodo di formazione e di discernimento vocazionale. Il 15 agosto 1943 decise di farsi salesiano. Fece il suo ingresso nel noviziato di Villa Moglia (Chieri – To). L’anno successivo emise la sua prima professione religiosa come Coadiutore. Il successivo periodo di formazione, quello del magistero, lo compie a Cumiana. Due anni dopo, nel 1946, fu destinato alla casa salesiana di Piossasco (To), nella quale vi vevano molti confratelli ammalati, per collaborare nei più svariati lavori domestici. Nel 1947 è a Torino Valdocco, nella Casa capitolare, in qualità di refettoriere. Questo servizio è compiuto dal signor Luigi anche nella casa di Bagnolo Piemonte nella quale veniva inviato dopo un anno di permanenza a Torino.
Nel 1950 il signor Luigi fece la professione perpetua nella casa di Torino Crocetta. Rimase in questa comunità per quattro anni come sacrestano della cappella esterna. Successivamente, nel ] 954, ritorna alla Casa capitolare di Torino Valdocco con la mansione di addetto alla sacrestia della Basilica di Maria Ausiliatrice. Ancora una volta una breve permanenza, due anni, poi di nuovo a Piossasco come aiuto infermiere fino a quando la comunità fu trasferita a Bagnolo nel 1969. Con i confratelli ammalati il signor Luigi rimase fino al 1973, anno in cui questa comunità cessò il suo servizio. In quell’anno fu mandato a Monteoliveto, comunità nella quale rimase per diciannove anni e dove la morte lo colse nel giorno dedicato al ricordo mensile di Maria Ausiliatrice. Questo continuo muoversi da una comunità all’altra sembra quasi il simbolo della sua vita. Mai fermo: nell’umiltà dei servizi che gli venivano richiesti ha costruito il suo essere operaio nella vigna del Signore. Nel lavoro ha imparato a riconoscere il Signore, con il lavoro ha camminato incontro a Lui.
Nell’ultimo periodo, quando l’infarto l’ha costretto ad una degenza di quasi un mese in ospedale, aveva paura di non poter più lavorare e perdere tempo. Diceva: “Se non posso lavorare cosa faccio, io non riesco a leggere niente”! Forse fu proprio il non essersi risparmiato quando le forze non erano più quelle di una volta che ha provocato il crollo. Era un uomo capace di creare simpatia attorno a sè, e di entrare facilmente in dialogo con le persone anche con quelle che incontrava per la prima volta. A testimonianza di questo suo modo di vivere c’è la benevolenza di tanti confratelli che hanno fatto il noviziato a Monteoliveto, del personale dell’ospedale civile nel quale ha trascorso l’ultimo suo mese di vita, le varie persone che passano dalla Comunità di Pinerolo. Un ricordo fra i molti. Con molta semplicità ha accettato essere l’allenatore della squadra di calcio dei futuri coadiutori che nell’anno di noviziato 1991/1992 (quello appena concluso) si è organizzata per sfidare, finalmente dopo tanti anni, gli aspiranti al sacerdozio. Era un uomo capace di ricordare, di mettere il proprio cuore in sintonia con i figli dei fratelli, dei quali si è preso cura nei loro momenti difficili, con gli amici incontrati nella vita, con i confratelli con i quali ha vissuto e anche con quelli che spesso ha conosciuto solo per nome: fra le sue carte sono state trovate fotografie di momenti di comunità e di famiglia, immaginette commemorative di confratelli defunti. Era un salesiano dalla quotidianità simpatica e ricca di Dio. Lo ricorda l’Ispettore nell’omelia funebre citando dalla domanda di ammissione alla professione triennale: “Mentre faccio questa domanda mi sento spezzare il cuore dalla gioia di poter continuare nella vita religiosa, di essere utile alla Congregazione e di attendere alla santificazione della mia anima”. Dio era ed è ormai il centro della sua vita.
In un quadernetto, al quale qualche volta confidava le sue riflessioni, scriveva: «Isaia dice maledetto l’uomo che confida nell’uomo. Benedetto l’uomo che confida in Dio. O il buon Dio o nessun altro!». E’ la sua vita, fatta di testimonianza e non di prediche. Nella nostra comunità è ricordato come «Vero israelita, un uomo nel quale non si trova inganno». Semplice e sincero non aveva bisogno di mezze parole per farsi capire. Con schiettezza e sincerità diceva il suo parere e poi accoglieva quanto veniva deciso dalla comunità. Non si lamentava nemmeno delle sue condizioni di salute che non sempre sono state fiorenti.
Segnato da un difetto fisico, la sordità, che avrebbe potuto renderlo circospetto nei confronti degli altri, si è sempre mostrato aperto e senza pregiudizi nei confronti delle persone e dei fatti. Con tutto il cuore ha ricercato il Signore.
Il suo libro di preghiera aveva un segno, forse la sua ultima preghiera: Nelle tue mani. La riportiamo.
Nelle tue mani, Padre santo e misericordioso,
mettiamo la nostra vita.
Tu ce l ‘hai donata.
Tu la guidi e la riempi dei tuoi doni.
Tu rimani accanto a noi,
come roccia salda e amico fedele,
anche quando noi ci dimentichiamo di te.
Ma ora torniamo a te.
Vogliamo affidarci alla guida sicura delle tue mani
che conducono alla croce.
Sentiamo il bisogno di meditare e di tacere a lungo.
Sentiamo anche il bisogno di parlare
per dirti grazie
e per far conoscere a tutti gli uomini
le meraviglie del tuo amore.
Noi ci sentiamo separati da te,
fonte della vita,
e abbiamo incontrato la morte.
Il tuo Figlio, però, non si è fermato
dinanzi al peccato e alla morte
ma, con la forza dell’amore,
ha distrutto il peccato,
ha redento il dolore,
ha vinto la morte.
La croce di Gesù ci rivela che il tuo amore
è più forte di ogni cosa;
il dono misterioso e fecondo,
che scaturisce dalla croce,
è lo Spirito Santo,
che ci rende partecipi dell’obbedienza filiale di Gesù
ci comunica la tua volontà
di attrarre ogni uomo nella gioia di una vita
riconciliata e rinnovata dall ‘amore.
Direttore e Comunità Salesiana di Pinerolo (To)