Robuschi Mirto

Nato a Roccabianca (PR) il 25 dicembre 1925. Morto a Roma UPS il 13 ottobre 2007 a 82 anni di età, 63 di professione religiosa.


sabato 13 ottobre 2007, nel tardo pomeriggio, ci ha lasciati il carissimo sig. Mirto Robuschi.

La sua morte ha sorpreso tutti, anche se da più di un mese si trovava nella nostra infermeria a causa di una caduta e di un indebolimento generale. Le successive, molteplici verifiche cliniche, incluso un breve ricovero ospedaliero, non avevano permesso ai medici di giungere a una diagnosi chiara. È morto nel sonno di cui diceva, pochi minuti prima, di aver bisogno per riposarsi. Nonostante la forte debolezza che l’accompagnava durante le ultime settimane, stava relativamente bene. Nulla faceva presagire una sua partenza così veloce. Perciò nessuno era con lui nel momento del trapasso, comprese le Figlie dei Sacri Cuori che da anni lo seguivano con attenzione e delicatezza e non solo nelle settimane di presenza in infermeria.

I suoi funerali sono stati celebrati il lunedì seguente, 15 ottobre, nella chiesa dell’Università. Ha presieduto la concelebrazione il Consigliere generale per la Formazione, don Francesco Cereda. Con lui hanno concelebrato oltre 140 sacerdoti. Alla Messa ha preso parte un discreto numero di religiosi/e e di laici. Sono venuti anche vari confratelli delle case dell’Ispettoria Romana e quelli che lavorano alla Poliglotta Vaticana. Della famiglia era presente la sorella Franca con il figlio Fiorenzo. L’animazione della celebrazione è stata curata da don Gianfranco Venturi, vicario del direttore, e da don Jesus Manuel Garcia, animatore liturgico-musicale della Comunità. Ha tenuto l’omelia il direttore della Comunità, don Jozef Strus. Al termine della Messa, prima del rito del commiato, è stata data l’informazione circa le partecipazioni al nostro lutto, presentateci per telefono, per internet o con telegrammi da parte del Rettor Maggiore, di confratelli e di amici del defunto. Ha preso, quindi, la parola l’economo della Visitatoria e dell’Università Pontificia Salesiana, don Tullio Orler, il quale ha messo in evidenza due importanti virtù del sig. Robuschi nel lavoro che faceva: dedizione e avvedutezza. Conclusa la celebrazione, la bara è stata portata al cimitero di Genzano per la sepoltura nella tomba della nostra Università.


Vita in famiglia, scuola, scelta vocazionale salesiana


Mirto Robuschi, terzogenito dei cinque figli di Ennio e Ines Scaccaglia, nacque il 25 dicembre 1925 a Roccabianca (PR). Suo padre era bracciante agricolo e la mamma casalinga. Mirto frequentò nel paese natio le scuole elementari e il ginnasio presso i Salesiani a Penango Monferrato. Tale seconda scelta scolastica fu dovuta alle condizioni economiche della famiglia. Il parroco, infatti, avendo appreso che il giovane Mirto desiderava proseguire gli studi dopo le elementari e consapevole che la famiglia non possedeva i mezzi necessari per assecondare questo suo desiderio, propose di rivolgersi ai Salesiani di Penango: «Loro potranno essere la soluzione del vostro problema; lì, per studiare, non dovete pagare; il ragazzo starà lontano dacasa, è vero, ma si troverà in un ambiente che sa di famiglia». Non sappiamo in che misura il panoco sapeva che l’Istituto Salesiano di Penango, ufficialmente chiamato «Istituto Missionario Salesiano», era finalizzato alla formazione scolastica dei futuri missionari salesiani. Per di più, nel certificato scolastico che a suo tempo fu rilasciato si legge: «L’Allievo Missionario Robuschi Mirto». Dopo i cinque anni trascorsi a Penango Mirto prese sul serio la possibilità di seguire la vocazione salesiana come fratello laico. Quando con l’anno scolastico 1941-42 concluse il ciclo ginnasiale dei suoi studi, chiese ai superiori la possibilità di poter conoscere più da vicino come nella Congregazione Salesiana si formavano professionalmente i fratelli laici, chiamati coadiutori, e come essi lavoravano in quanto insegnanti di corsi professionali o capi reparto di produzione. Negli anni del ginnasio incontrò diversi salesiani coadiutori ma l’Opera Salesiana di Penango non ebbe la possibilità di fargli vedere gli alti livelli della loro multifonne professionalità. A Mirto interessò conoscere vari tipi di attività professionale tra cui poter scegliere quello che gli sarebbe risultato più confacente per studiare e lavorare in avvenire. Durante l’anno scolastico 1942-43 si trovò al Colle Don Bosco, un posto ideale per respirare l’aria che riempiva i polmoni di Giovanni Bosco fin dalla sua nascita e dove dal 1940 sorse un centro di formazione salesiana professionale con molteplici specializzazioni. Il Centro, infatti, era nato sia per offrire ai giovani della Regione un’alta qualifica professionale e sia per formare religiosamente e professionalmente i salesiani coadiutori. Dal Colle Don Bosco partiranno per le Missioni, negli anni a seguire, molti salesiani coadiutori come evangelizzatori e tecnici, inviati in tutto il mondo a lavorare con i giovani poveri e abbandonati. All’arrivo di Mirto Robuschi al Colle Don Bosco all’inizio dell’anno 1942-43, il complesso scolastico salesiano offriva la possibilità di una seria formazione professionale per tipografi e legatari, un corso di Magistero professionale peri salesiani coadiutori e una scuola agricola. A pochi anni di distanza dall’inizio dell’attività scolastica professionale il Centro ricevette l’approvazione legale. Mirto Robuschi fu accolto come membro dell’aspirantato salesiano per coadiutori e realizzò il programma annuale di avviamento professionale fino al conseguimento del diploma. Nel maggio del 1943 Mirto presentò al Direttore dell’Opera Salesiana del Colle Don Bosco la domanda per essere ammesso al noviziato, adducendo, tra l’altro, due apprezzabili motivi. Il primo riguardava la scelta vocazionale salesiana: «Sono già sei anni che vivo tra i figli di Don Bosco e mi pare che anche io sia chiamato a questa vita»; con il secondo dichiarava la disponibilità a partire per le Missioni. Intravide, infatti, il bene che avrebbe potuto fare seguendo questo suo intimo progetto: «Se i superiori mi permetteranno di andare a fare del bene a tanti fratelli che vivono ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte».


Formazione religiosa, professionale ed attività salesiana


Mirto fece il noviziato a Chieri – Villa Moglia nel 1943-44 ed emise la prima professione religiosa il 16 agosto 1944. Nella domanda per essere ammesso alla professione religiosa non mancò di scrivere: «lo sono pronto anche a lasciare la patria, i parenti e gli amici tutti, pur di fare, coll’aiuto di Dio, dov’è possibile un po’ di bene anche ai miei fratelli che sono nella via dell’errore». Dopo il noviziato intraprese lo studio come legatore secondo il programma del Magistero al Colle Don Bosco e lo portò avanti per i successivi tre anni. Sempre al Colle Don Bosco, prima dello scadere del triennio, chiese d’essere ammesso ai secondi voti triennali, che rinnovò il 17 luglio 1947. Terminato il Magistero, Mirto rimase al Colle Don Bosco per altri due anni come vice-capo legatore. Purtroppo, si fecero sentire subito seri problemi di salute. Perciò, nel 1949, venne inviato a Roma S. Tarcisio per trovarsi in condizioni di vita e di lavoro più corrispondenti alle sue forze. Al direttore della casa di Roma, dove rimase per appena un anno, presentò la domanda per essere ammesso ai voti religiosi perpetui. Il 14 agosto 1950 a Piossasco, dove si trovava per un breve periodo di convalescenza, fece la professione perpetua. Ristabilitosi nella salute, nel 1950 tornò al Colle Don Bosco come vice-capo legatore e vi restò un solo anno. Dalle Missioni, infatti, affluivano le richieste di personale salesiano numeroso e qualificato e i superiori, conoscendo la generosità del sig. Mirto e ricordandosi della disponibilità che aveva mostrato prima e alla fine del noviziato, gli chiesero di far parte della Spedizione Missionaria dell’anno 1951. È interessante leggere oggi quanto le cronache salesiane del tempo scrissero circa il congedo dei Missionari Salesiani nell’autunno del 1951: «La domenica 14ottobre fu celebrato l’addio a un folto gruppo di Missionari Salesiani … L’addio ai Missionari fu dato a scaglioni perché molti partirono a gruppi prima di ottobre … Al momento della consegna dei crocifissi vedemmo i volti dei Missionari raggiare di gioia e di commozione nel ricevere dalle mani del Successore di Don Bosco quel simbolo sacro che sarebbe stato il loro inseparabile compagno in mezzo alle vicende e ai sacrifici della vita missionaria … La parte più commovente della celebrazione fu l’abbraccio di congedo. Ad uno ad uno i Missionari sfilarono davanti al Successore di San Giovanni Bosco e agli altri Superiori, e da ognuno di essi ricevettero una parola di conforto e l’abbraccio di addio, mentre un vivo senso di commozione pervadeva gli animi dei presenti che contemplavano ammirati quei generosi i quali, dopo l’addio ai genitori e a quanto di più caro possiedono sulla terra, compivano un altro distacco non meno doloroso …».

La destinazione missionaria del sig. Mirto Robuschi fu l’Argentina, la terra della Prima Spedizione Missionaria Salesiana avvenuta nel 1875 e organizzata dallo stesso Don Bosco. Un interessante capitolo si aprì nella storia del sig. Mirto. Ebbe tanto da imparare, inclusa la lingua, lui che partì per istruire i giovani argentini. Nulla poté affievolire il suo entusiasmo. A suo vantaggio erano una discreta cultura scolastica e professionale, buone capacità intellettuali e la giovane età. In Argentina compì il ventiseiesimo anno di vita. Fu destinato a San Isidro nell’Ispettoria Salesiana di Buenos Aires dove rimase durante tutta la sua permanenza in Argentina. Si trovò in un centro di formazione professionale dei giovani e dei salesiani che poté essere visto come una copia di quello del Colle Don Bosco: aspirantato per i coadiutori, scuole professionali (tipografia, legatoria, meccanici, falegnami, fabbri, sarti) e in più il Magistero professionale per i coadiutori. Fin dal suo attivo a San Isidro il sig. Mirto vi lavorò come capo legatore. Poi, come capo della tipografia. Le delicate condizioni di salute e la prospettiva di una migliore assistenza medica in Italia l’obbligarono dopo nove anni a tornare in patria.

Negli anni 1960-65 lavorò di nuovo al Colle Don Bosco come capo legatore. In quegli anni, il luogo di nascita, d’infanzia e di tanti altri momenti della vita di Don Bosco conobbe un grande sviluppo. Accanto alla multiforme opera della formazione professionale dei giovani e dei salesiani, il Colle Don Bosco in modo sempre più accentuato si impose anche come centro di spiritualità e di animazione a favore dell’attività missionaria salesiana nel Mondo. Intanto a Roma stava per essere inaugurata la nuova sede del Pontificio Ateneo Salesiano. Fu urgente dare alle Facoltà una definitiva collocazione: sorte a Torino e rapidamente cresciute, avevano bisogno di spazi nuovi. Per motivi logistici alcune Facoltà si trasferirono a Roma e per alcuni anni operarono in via Marsala in attesa di una sistemazione stabile. Per la nuova sede di tutto il Pontificio Ateneo Salesiano fu necessario, secondo la logica del tempo, disponrre di molto personale salesiano: tecnico e ausiliare, oltre che docente. Il sig. Mirto venne incaricato della Libreria dell’Ateneo. Accettò volentieri il compito di inaugurare tale attività di libreria e di introdurre altri che poco alla volta si assumessero la responsabilità di gestirla. Egli, invece, due anni dopo, divenne uno dei corresponsabili negli uffici di amministrazione dell’Ateneo. Nel 1974 assunse la diretta responsabilità dell’ufficio di contabilità dell’Ateneo e la porterà avanti per 27 arnni. Assieme a questa incombenza fece anche, per sei anni, dal 1983 al 1989, da economo in una delle Comunità del personale della nostra Visitatoria UPS. Nel 2001, a settantasei anni, cedette a un altro confratello il posto di responsabile dell’ufficio di contabilità, rimanendo fino alla fine nel settore dell’amministrazione come aiuto per il disbrigo di varie pratichedi minore entità. Il 15 ottobre 1994 la nostra Comunità celebrò in forma solenne il cinquantesimo di professione religiosa del sig. Mirto Robuschi e di altri quattro confratelli. In quell’occasione il direttore, assieme al Consiglio della Comunità, presentò agli Uffici della Santa Sede la domanda perché il sig. Mirto potesse ricevere un riconoscimento pontificio per il lungo e benemerito servizio prestato nelle istituzioni salesiane a favore dei giovani. Il 24 gennaio 1996 gli fu consegnata l’onorificenza pontificia «Pro Ecclesia et Pontifìce», istituita da Leone XIII nel 1888. Il riconoscimento gli fu consegnato nel corso di un incontro fraterno durante il quale la Comunità celebrò la festa di San Francesco di Sales, Patrono della Società Salesiana. A consegnare la medaglia venne S.E. Rev.ma Mons. Tarcisio Bertone, allora Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. La pergamena che accompagnava la medaglia d’oro comunicava che tale onorificenza era stata concessa dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II in data 23 dicembre 1995.


Modo di essere del sig. Mirto Robuschi


Nelle valutazioni fatte a suo tempo dai vari Consigli e dai rispettivi direttori delle comunità salesiane alle quali Mirto Robuschi apparteneva, quando si trattava di pronunciarsi sulla sua idoneità vocazionale, era concordemente sottolineato: «Uomo di buona volontà»! Durante la Messa per il suo funerale, nella parte dell’omelia che lo riguardava direttamente, è stato detto: «Cosa potremmo dire del sig. Mirto, al di fuori di quelle date che indicano le tappe della sua vita salesiana? Cosa possiamo dire di lui, vedendo la sua camera che per povertà ricorda più una cella di monaco che non un’abitazione degna di un cittadino di una Nazione che fa parte del G8? Cosa possiamo dire di lui, sapendo che non cercava nessun supplemento nelle distrazioni, al di fuori di quelle che gli offriva la vita religiosa salesiana? Cosa possiamo dire di lui che degli incarichi avuti non ha fatto un trono di gloria personale? Per noi che abbiamo vissuto con lui per diversi decenni qui, in questa nostra Università, e qualcuno l’ha conosciuto anche prima, la sua vita salesiana religiosa appare come una bella testimonianza di fede, di dedizione, di discrezione, di semplicità evangelica. Lunghi anni di responsabilità nell’ufficio di contabilità hanno potuto facilmente imprimere nella nostra memoria l’immagine di lui come un salesiano da tavolino, capace di registrare i conti e di saldare i debiti. Sfortunatamente, gli ultimi anni, segnati dai suoi disturbi di salute, non gli hanno più permesso di collaborare con l’incaricato dell’Oratorio assistendo i giovani ogni sabato e domenica, come ha fatto per anni. Parlo dei tempi in cui le attività dell’oratorio non avevano altri spazi al di fuori dei nostri campi di calcio, di pallavolo e di palestra e i giovani affluivano molto numerosi. La grande virtù del sig. Mirto fu la precisione in tutto: nell’amministrazione ma anche nei quotidiani incontri di preghiera in Comunità. Tre settimane fa, quando per alcuni giorni è dovuto rimanere in ospedale, era dispiaciuto al solo pensiero che sarebbe dovuto rimanervi la domenica, perché in tale caso non avrebbe potuto prendere parte alla Messa. Non fu uomo di molte parole ma di molte opere. Nella sua vita ha saputo unire la virtù della discrezione alla socievolezza. Partecipava regolarmente e volentieri agli incontri con i confratelli. Non sapeva brontolare ma aveva il coraggio di dire quanto gli dispiaceva vedendo gli sperperi. Il suo senso di appatienenza a Don Bosco e alla Congregazione sapeva di antico spirito di fedeltà. Amava la nostra istituzione religiosa e accademica della Pontificia Università Salesiana di Roma. Nei suoi 63 tre anni di vita religiosa salesiana ha conosciuto poche case. Si è trovato bene dovunque l’obbedienza religiosa l’ha inviato: Non aveva bisogno di cambiare casa né occupazione. Però, quando la Congregazione ebbe bisogno di lui, fu disposto a trasferirsi in Argentina per lavorarvi un bel po’ di anni».

Cari Confratelli! È molto viva in noi Salesiani dell’UPS, nel personale non salesiano e tra le Figlie dei Sacri Cuori, che assistono amorevolmente i nostri confratelli anziani e ammalati, la memoria del sig. Mirto Robuschi. Gli siamo grati perla mole di lavoro che fece, ma ancor più per lo spirito di fraternità che condivise con noi e per la testimonianza di vita religiosa salesiana con cui ci sostenne nel nostro quotidiano cammino. Mentre continuiamo a pregare per lui, crediamo che anche noi siamo presenti nella sua preghiera di intercessione presso Dio. Possano la sua preghiera e la sua testimonianza di vita religiosa salesiana ottenere la grazia della vocazione salesiana ai giovani capaci di donazione e di sacrificio per Dio e per i fratelli nello spirito di Don Bosco Santo!

Don Jòzef Strus, Direttore della comunità Gesù Maestro UPS

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