Occhiena Michele

nato a Capriglio in provincia di Asti il 19 marzo 1919; morto a Torino il 19 gennaio 2009 a 89 anni di età e 60 di professione religiosa


Il signor Michele Occhiena è nato a Capriglio in provincia di Asti il 19 marzo 1919. E’ nato nello stesso paese di Mamma Margherita della quale portava il cognome e alla quale era legato da un sincero affetto più che da un lontano legame di parentela. Dopo le disavventure del periodo bellico dell’ultima guerra, ha trascorso un periodo presso la casa salesiana del Colle don Bosco, dove ha maturato la sua vocazione. Ha fatto il noviziato a Villa Moglia e la prima professione nel 1948, il 16 agosto, anniversario della nascita di don Bosco.

Quando era giovane, i superiori gli hanno chiesto diverse volte di cambiare casa, anche dopo pochi anni, perché avevano bisogno di lui da qualche altra parte. E’ stato di casa a Torino-Agnelli, a Castelnuovo, a Torino-Rebaudengo, a Casellette, a Torino-Crocetta, a Roma e infine, prima di approdare a Bra, a San Benigno. L’obbedienza lo destina in ultimo alla casa di Bra, dove giunge nel settembre del 1973. Sarà proprio a Bra che offrirà la maggior parte dei suoi 60 anni di vita salesiana, perché vi rimarrà per ben 33 anni. Dal 2006 viene trasferito per motivi di salute alla nostra casa di Torino-Beltrami presso l’istituto Valsalice, dove vengono accolti coloro che non sono più autosufficienti.

Le mansioni che gli sono state affidate rientrano in quei compiti umili, ma indispensabili, al buon funzionamento di una casa. Nella sua vita è stato: cuoco, cantiniere, incaricato della manutenzione e infermiere.

Chi lo ha conosciuto come infermiere ha saputo apprezzare in lui l’impegno, la pazienza, la precisione con cui si dedicava a questo compito delicato e importante per una comunità e per gli allievi che erano in collegio.

Nonostante diversi acciacchi è stato, soprattutto negli ultimi anni, uomo gioioso, cordiale e aperto alla compagnia dei confratelli con i quali stava volentieri. A tavola diventava spesso e volentieri centro dell’attenzione e punto di riferimento nelle discussioni. Con racconti vari della vita passata, spesso rivisitati e chiaramente gonfiati, riusciva ad attirarsi quella simpatica presa in giro che lo faceva sentire contento. Anche nei 2 anni e mezzo passati a Torino nella comunità di Casa Beltrami ha saputo farsi stimare e coccolare per il suo fare bonario, le sue battute simpatiche e la sua voglia di cantare. Cantava volentieri.

Un ictus ha fatto precipitare velocemente il suo stato di salute, già decisamente debilitato dall’età, ed ha concluso serenamente il tempo che il Signore gli aveva donato, nelle prime ore di lunedì 19 gennaio.

Una nostra cooperatrice che gli aveva telefonato qualche settimana prima della morte e chiesto che cosa stesse facendo in quel momento, la risposta pronta è stata: “sto lavorando per Dio”. Può essere una battuta, ma quando viene così spontanea è perchè viene dal cuore. Diceva giustamente l’ispettore nell’Omelia del funerale che nella vecchiaia vengono a galla le esperienze di come si è vissuti tutta la vita.

Il funerale è stato una grande manifestazione di amicizia e riconoscenza. Si pensava che ci sarebbe stata poca gente perché era via già da tre anni, poi non aveva avuto abbondanza di relazioni fuori casa, ma con le persone che incontrava ha saputo stabilire un rapporto cordiale di amicizia e di simpatia. Con lui si chiacchierava volentieri, perché lasciava trasparire dal volto il suo carattere bonario, accogliente verso tutti. Dopo il funerale uno dei confratelli della casa, che è stato per diversi anni accanto a Michelino, con un po’ di rammarico ha detto: “Purtroppo di confratelli così non ne esistono più. Adesso siamo tutti troppo carichi di lavoro, coniamo con tanti impegni e carichi di nervoso. Michele era capace di vivere il tempo in pienezza, con simpatia, con serenità”. Nel ricordino abbiamo scritto: “E’ stato un UOMO semplice, ilare, operoso; un SALESIANO buono e fedele, attaccato a don Bosco e alla sua vocazione; un COADIUTORE zelante nel suo servizio, pio, affettuosamente devoto della Madonna; il suo ricordo è per noi uno stimolo a continuare con fedeltà la nostra missione”.

La nipote suor Lidia ha preparato per i parenti un ricordino e il pensiero scritto sul retro è molto simile a quello preparato dai confratelli della comunità: “Un cuore di fanciullo, la bontà di un padre, la gioia dell’innamorato di Dio, la gratitudine di chi sa che tutto ha ricevuto: sono i doni che hai deposto nel nostro cuore. Grazie! Continua a vegliare sul nostro cammino con la tua preghiera e il tuo sguardo buono”. La comunità è rimasta ammirata dal legame che i nipoti hanno manifestato per Zio Michele. Hanno voluto accompagnare la salma da Torino fin dall’obitorio del Mauriziano e hanno poi passato alcune ore con la comunità. E’ stata occasione per rivivere e raccontare aneddoti simpatici ed edificanti, legati alla vita di questo semplice ma furbissimo confratello.

Alla conclusione del funerale un exallievo ha letto un saluto che ne traccia ulteriormente i lineamenti:

“Michele Occhiena era un salesiano allegro. Ogni volta che capitava di incontrarlo, era facile fermarsi a scambiare quattro chiacchiere con lui. Non era inusuale sentirlo raccontare della sua discendenza da Mamma Margherita, la mamma di don Bosco, il santo dei giovani, nella cui congregazione aveva scelto di entrare e nella quale ha speso 60 anni della sua longeva esistenza.

Se si ripensa all’infermiere Michele Occhiena, non lo si può dissociare dalla sua infermeria. Al fondo del corridoio dell’ultimo piano del palazzo vecchio, subito prima della sua camera personale, c’era quella per l’accoglienza degli ammalati. E di fronte il suo studiolo, quello che conteneva l’armadio con i medicinali e il classico ascensore, che lo collegava con la cucina. Tutti coloro che andavano per farsi curare – e in particolare erano suoi affezionati “clienti” i numerosi interni, che passavano l’intera settimana qui in collegio – non mancavano di bere l’ottimo thè che preparava suor Amalia, su apposita richiesta del signor Michele. Al lui tutti non potevano che voler bene.

Rare – negli ultimi anni – le sue uscite in cortile: fedelissimo alla messa serale delle 18, lo si vedeva anche varcare il cancello quando doveva recarsi in farmacia per acquistare medicinali per i confratelli.

Nei suoi lunghi anni da salesiano ha servito fedelmente il Signore e don Bosco. Adesso che è venuta la sua ora, ci proteggerà dal cielo e certamente veglierà sui suoi cari e sulla amata comunità braidese. E con Sant’Agostino, che ci ricorda: “Beati i morti che muoiono nel Signore, perché troveranno riposo dalle loro fatiche e le loro opere buone li accompagneranno” gli diciamo il nostro Grazie e un caloroso ARRIVEDERCI in PARADISO”.

Don Luigi Compagnoni che è stato suo direttore per gli ultimi nove anni passati a Bra e con il quale c’era grande stima e affetto, ci ha mandato la sua testimonianza che trascriviamo: “Abbiamo cominciato per scherzo; lui a chiamarmi “Padre” e io a chiamarlo “figlio”, ma poi è diventata una cosa seria. Era normale chiamarci così. Una volta, a casa Beltrami. mi disse: “Io, quando vedo lei, mi sento meglio”. Lascio immaginare la mia commozione. Al di là di ciò che poteva apparire, il Sig. Michele trovò il segreto di una vita spirituale intensamente vissuta in una profonda interiorità, ricca di continuo colloquio con Dio.

La sua era una preghiera semplice, ma soda. Aveva una grande fiducia nella Madonna e amava intensamente Don Bosco e Mamma Margherita. Egli ha saputo invecchiare serenamente. Negli ultimi anni passati a Bra aveva affinato il suo carattere ed era diventato un uomo di cordialità, bontà e amicizia con tutti, ma soprattutto con le persone che gli dimostravano affetto e stima. Tante volte confidò al Direttore che in refettorio “faceva il pagliaccio” per tenere allegri i Confratelli. Sapeva sdrammatizzare le sofferenze del passato, soprattutto quelle patite durante il periodo bellico – fu dato anche per disperso ! – e raccontava solo gli avvenimenti più divertenti, condendoli con un po’ di fantasia. Il sig. Michele è stato il “servo sofferente”: ha sofferto per vari mali che lo hanno accompagnato per tanti anni, ma che, tuttavia, non gli hanno impedito di compiere i suoi doveri per il bene della comunità”.

Anche i giornali locali hanno presentato con diversi articoli la sua figura.

Ne riporto alcune righe: “Polivalente nelle sue prestazioni e nella sua intelligente operosità quotidiana; sagace e amabilmente stimolante nella attività di solidarietà e di vicinanza servizievole ai malati; volto sereno ed ilare. Ha saputo in ogni momento conciliare gli aspetti problematici e seri che gli venivano presentati, con l’affabilità e giocosità delle ‘paroline all’orecchio’ che sanno in certi casi sciogliere la vorticosità della loquela con la pacatezza della conciliazione. Volto sorridente, gestualità sempre accomodante in ogni caso: il tutto, però, traeva la sua fonte e la sua origine nella profondità sapienziale della spiritualità interiore in sintonia con lo stile e la mentalità pedagogica salesiana di Don Bosco: – “Il bene a tutti, il male a nessuno”.

Prima di concludere questi ricordi del nostro carissimo Michelino, desideriamo ringraziare di cuore la comunità Salesiana di Casa Beltrami e le suore “Figlie dei Sacri Cuori” per l’amicizia e la serenità, con le quali hanno saputo condire gli ultimi anni della sua esistenza. A lui, mentre gli assicuriamo ancora il ricordo nella nostra preghiera di suffragio, gli chiediamo di accompagnare il nostro lavoro con i ragazzi e i giovani che il Signore ci affida.


La Comunità salesiana di Bra

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