Nato a Borgo san Lorenzo (Firenze) il 20 aprile 1938; Morto a Roma-UPS il 15 settembre 2007.
Sono passati alcuni anni da quando nel tardo pomeriggio del 15 settembre 2007 il sig. Luciano Nocera Salesiano Coadiutore ebbe un infarto da cui non si riprese. Uno dei presenti nei momenti immediatamente successivi all’infarto ricorda che “eravamo tutti e quattro del Consiglio ad assistere alla sua morte, anche se nessuno ci pensava; al massimo, uno svenimento, dicevamo dentro di noi; e poi si riprenderà”. E invece era già volato in Paradiso. “Era un sabato: dicono che la Madonna porta con sé in giorno di sabato le persone ‘sante’
Il tempo è andato. Gli anni sono passati. Ma la sua bella persona, a noi che lo abbiamo conosciuto, resta sempre viva, e dolce il suo amabilissimo sorriso di confratello. Per questo ne vogliamo far memoria.
1. La formazione
Il sig. Luciano era nato a Firenze da papà Salvatore e da mamma Isola Romagnoli il 20 aprile 1938. Entrò nella casa salesiana di Borgo san Lorenzo (Firenze) per la IV e V elementare; poi continuò la scuola media nell’aspirantato a Strada in Casentino (Arezzo). Attratto dalla vocazione salesiana, nel 1953 chiese di entrare in noviziato a Varazze.
Diventò salesiano, all’età di sedici anni, il 16 agosto 1954, in quella che era allora l’Ispettoria Ligure-Toscana. In vista della professione, scriveva, con una calligrafia chiara, limpida, di facile lettura, come la sua personalità: “Nel fare questi voti intendo prima di tutto di salvarmi l’anima, che è la cosa più importante, quindi salvare le anime della gioventù specialmente povera ed abbandonata, come faceva s. Giovanni Bosco. Spero che il Signore e Maria SS. Ausiliatrice mi aiuteranno nella mia vita spirituale, come mi hanno aiutato fino ad ora: specialmente avendomi fatto nascere da genitori molto buoni; ed essendo stato educato cristianamente. Metto la mia vocazione nel Cuore Immacolato di Maria SS. Ausiliatrice che me l’ha data ed avendomi dato i mezzi necessari per seguirla; trapiantando il fiore dell’anima mia nel giardino salesiano”.
Il periodo di formazione non deve essere stato tutto rose e fiori. Prima del noviziato dovette fare i conti con le difficoltà che gli venivano avanzate a motivo della sua non brillante riuscita in sede scolastica (ripetenza in prima media e respinto in terza): come egli ricorda nella lettera del 3 luglio 1953 in cui chiede di poter andare al noviziato. Ma nella stessa lettera manifesta pure la sua grande e genuina intenzione vocazionale: “So bene che anche non divenendo sacerdote, potrò ugualmente fare del bene ed essere di aiuto alla salvezza di altri giovani nei Collegi di Don Bosco in Italia o in missione. Io mi sforzerò di essere buono e obbediente ai miei superiori per tutta la vita”.
Così pure, alle soglie della professione perpetua, nel giudizio del Capitolo della casa di Sampierdarena, dove già si trovava da alcuni anni a vivere la sua vita di salesiano coadiutore – il testo è datato 21.6.1960 – si osserva che è “di carattere buono, alquanto volubile. Impegnato nel lavoro, affezionato alla casa, di buona osservanza”. E si soggiunge: “Ha attraversato una crisi religioso-morale, superandola bene. Necessita di aiuto per raggiungere maggior maturità”. Per questo la domanda fu approvata con 7 voti affermativi e 2 negativi.
Alla luce della sua vita salesiana seguente si può ben dire che egli non solo mantenne questo impegno assunto da giovane con una testimonianza di obbedienza costante, pronta, serena, gioiosa, aperta e semplice, fattiva e competente; ma anche che egli crebbe molto, umanamente e spiritualmente, nella via tipicamente salesiana alla santità, che è quella di ricercare come don Bosco “solo le anime”.
Infatti, per noi, che lo abbiamo conosciuto, “a posteriori”, è facile costatare che la grazia di Dio in lui non fu vana (I Cor. 15,10) e lo fece grande, magnanimo e gentiluomo, oltre le stesse misure personali e oltre le pur prudenziali vedute religiose-istituzionali, talora, forse, “troppe umane”, se non proprio “corte di una spanna” (Dante, Paradiso, XIX,81).
Il 9 luglio 1960 a Pietrasanta (Lucca) emise la professione perpetua.
2. Salesiano coadiutore a tutto tondo nei CFP e nell’Oratorio
Dopo il periodo di formazione post-noviziato a Torino-Rebaudengo dal 1955 al 1957, dove conseguì il diploma di perito meccanico (tra i voti c’è un 10 e lode in religione e vari 8, specie nel settore meccanico), egli spenderà quasi tutta la sua vita lavorando nei centri di formazione professionale di Genova-Sampierdarena, Firenze, Marina di Pisa, come Capo meccanico e Capo elettromeccanico, e soprattutto a Genova-Quarto, in qualità di insegnante e responsabile dell’animazione del locale CFP dal 1967 al 1983; e poi, dal 1983 al 1993, come direttore del CFP In un momento di necessità si rese disponibile serenamente, anche se soffrendo il distacco dall’Ispettoria, a trasferirsi a Vasto, dove fu ancora direttore del CFP dal 1993 al 1995, per poi ritornare a Genova-Quarto sempre con lo stesso incarico dal 1995 al 2000. A Genova – come si evince dalle lettere intercorse tra i due Ispettori – fu richiesto di ritornare, per “la pressione molto forte della Comunità” che richiedeva il rientro del confratello per “la mancanza di un guida” del Centro Professionale”, rimasto l’unico nella Ispettoria Ligure-Toscana. Nel 1997 veniva nominato Delegato Regionale CNOS-FAP per la Liguria, in sostituzione di don Giulio Barchielli. Prima di essere chiamato quale economo qui alla comunità San Tommaso UPS (24 ottobre 2001), fu ancora per un anno a Pisa economo e incaricato dell’Oratorio.
Alla notizia della sua morte i cooperatori e gli ex-allievi di Pisa telegrafavano al superiore della Visitatoria UPS, dichiarandosi “profondamente colpiti per la prematura scomparsa del carissimo amico Luciano Nocera”, e affermando di pregare Don Bosco e Maria Ausiliatrice “affinché accolgano la sua anima nell’immenso oratorio del Paradiso”.
Un salesiano coadiutore che, confessa di aver “vissuto poco con lui” e di averlo, però, “incontrato a Quarto nel CFP e a Vasto sempre nel CFP”, rileva che Sig. Luciano dimostrava di avere “ima buona capacità di trattare con il personale esterno – lavorava in ambienti dove i salesiani erano pochi”; che “non era professionale”, nel senso burocratico del termine, pur “conoscendo bene il suo ruolo e il mestiere che insegnava”; e soprattutto che “aveva una grande sensibilità e pazienza verso i ragazzi poveri soprattutto culturalmente e umanamente”.
Un altro anziano salesiano coadiutore, suo collaboratore a Quarto, mi scrive, via fax: “con lui, veri autentici religiosi in maniche di camicia, abbiamo lavorato con i giovani più bisognosi e più difficili da domare, ma che dopo da adulti si sono realizzati nella vita, sul suo esempio, da buoni cristiani e onesti cittadini. Sono migliaia gli ex allievi che tornano alla Casa di Quarto e dicono: dov’è Nocera? E alla risposta: è in Paradiso, dicono: Lui sì che è con don Bosco, perché è stato per noi vero salesiano, come vuole don Bosco; ci ha dato l’esempio di fedeltà al dovere e al senso cristiano della vita. Era fedele, responsabile, esigente, ma non severo. Mai saltava la ricreazione dei giovani. Era presente, puntuale come un orologio svizzero, fin dalle prime ore del mattina. In chiesa guidava sempre lui la preghiera, la meditazione, il canto nella s. Messa quotidiana e alle 8 puntualissimo: il suo fischio (l’ho sentito per 26 anni)… Nocera ha fischiato sono le 8!
Alla fine era stanco… mi ripeteva: Cesco, sono giunto alla fine. Il cuore mi cede. Faccio fatica a salire le scale. Era il 1999″.
Tra i materiali che ho trovato in una scatola di cartone, custodita nell’Archivio storico, c’è una foto che ritrae sig. Luciano ancora abbastanza giovane appoggiato ad un muretto con alcuni giovanottoni del CFP, stimo di Genova-Quarto, perché è inviata come cartolina all'”111. Amministratore, Sig. Nocera dt. Luciano” da “Genova S. Natale ’07”: in essa, oltre gli “auguri di santo Natale e felice anno 2007″, il latore della foto-cartolina (il coadiutore Francesco-Cesco Grasso?) scrive: “Ricordiamoci sempre”.
C’è un’altra cartolina che ha nella parte anteriore un testo attribuito a San Giovanni Crisostomo su “la gioia dell’amicizia” e nel retro c’è uno scritto a penna rossa datato “Vasto 3 settembre ’95”: coincide con l’interruzione della sua permanenza a Vasto e il suo rientro “forzoso” a Quarto. Probabilmente doveva accompagnare un piccolo dono di riconoscenza da parte del personale del CFP di Vasto. Sono 10 i firmatari, che sottoscrivono lo scritto, che così recita: “IL VALORE DI UN SORRISO [maiuscolo nel testo]. … E tu sai bene quanto vale un sorriso. Tu che ne hai regalati tanti, e che tanti hai reso felici… questo non è altro che un piccolo pensiero per un GRANDE UOMO [maiuscolo nel testo]. Con affetto”.
Pare proprio che Vasto gli sia rimasto nel cuore. Come io stesso costatai, in quegli anni a Vasto si viveva un po’ come all’Oratorio di Valdocco: la casa era insieme CFP, parrocchia, oratorio, centro giovanile, gruppi Scout, gruppi sportivi, gruppo Caritas, Centro anziani, ed era collegato al Centro ispettoriale di prima Accoglienza e alla Comunità di Soggiorno Proposta. A tavola i confratelli avevano sempre la presenza di cooperatori e cooperatrici. Il sig. Luciano viveva dentro e animava questa “vita familiare” tipicamente salesiana.
Concludo questo paragrafo con una riflessione, che ho trovato presente anche nell’omelia fatta da don Francesco Cereda nel giorno della messa esequiale il 18 settembre 2007, nella Chiesa universitaria dell’UPS. La sua motivazione, la sua dedizione, il suo impegno nella missione giovanile e nella vita comunitaria avevano un solido fondamento in una scelta consapevole e convinta della vita consacrata salesiana. Come pure la sua serenità, la sua affabilità e la sua cordialità si nutrivano di una vita spirituale profonda, coltivata e cresciuta nel tempo. Vorrei aggiungere: al di là delle difficoltà, che non gli mancarono. A Quarto, nel 1988 arrivò a scrivere una lettera di dimissioni da Direttore del Centro Professionale – evidentemente poi rientrate – a motivo dei rapporti tesi con i superiori salesiani locali, che gli facevano paventare “un altro anno cosparso di incomprensioni e di prepotenze” con il timore che lo portassero ad un “grande disamore nel lavoro che dovrei svolgere”.
3. Una “confraternita” salesiana dedita e delicata
Come si è detto dal 24 ottobre 2001, fu richiesto di venire alla nostra Visita-toria dell’UPS quale economo della “san Tommaso”, una comunità per studenti salesiani prossimi al presbiterato, e quale aiuto in alcuni compiti amministrativi generali. Furono sei anni in cui tutti poterono costatare la delicata e dedita “confratemità” del sig. Luciano. Lo posso affermare per diretta esperienza. Ma preferisco lasciare la parola alle testimonianze, che ho richiesto e ricevuto, via e-mail, quando ho dichiarato ai confratelli stabili della Visitatoria UPS la mia ferma intenzione di scrivere questa “lettera mortuaria”. È come un ritornello che si ripete in tutte le testimonianze: segno che era proprio qualcosa di visibile.
Conservo l’anonimato come ho promesso.
Cito anzitutto l’ultima parte della testimonianza del salesiano coadiutore, riportata sopra: “A Roma una delle particolarità che ho apprezzato, è stata nel caso dell’avvio delle pratiche della pensione: vale a dire il suo interesse e la sua rapidità nel risolvere i problemi che gli venivano posti”.
È quanto, del resto, afferma in termini più generali, un docente dell’UPS, che pure non era della comunità san Tommaso, ma che aveva frequenti rapporti con sig. Luciano, per motivi amministrativi. Mi scrive:
«Negli anni in cui l’ho conosciuto all’UPS, il coadiutore Luciano Nocera si è sempre dimostrato affabile e accogliente nel ricevere qualsiasi persona: il sorriso amabile e gentile rivelava il suo animo cortese e disponibile per aiutare e pronto nell’eseguire. Svolgeva il suo lavoro – spesso umile e nascosto – con generosità, dedicandovi tempo e competenza. Era preciso nel realizzare i suoi impegni e quando li aveva eseguiti, li comunicava all’interessato, perché non stesse in ansia o in attesa.
Dava anche l’esempio nella preghiera, a cui era assiduo e per cui si impegnava con zelo, trovandovi la forza e l’entusiasmo per la sua vita di consacrazione a Dio e di carità verso gli altri».
Un salesiano straniero, docente qui all’UPS, mi dichiara: “Sono molto contento che si faccia la lettera mortuaria di questo confratello, ammirevole di semplicità, di spirito di servizio, di fraternità. Egli mi ha accompagnato personalmente più volte, per fare i documenti ufficiali. Ridevamo insieme col suo fratello che veniva a trovarlo per il suo accento toscano (la “hasa”…). Mi ha molto colpito la sua accoglienza, disponibilità, spirito di famiglia, di lavoro, di allegria”.
E vengo a due testimonianze di salesiani docenti che vissero con lui nella comunità san Tommaso e facevano parte con lui del Consiglio della Casa.
La prima. E del confratello che mi ha attestato di essere presente nei momenti immediatamente successivi all’infarto. Così si esprime:
“Il tempo è passato e i ricordi si assottigliano…
Su Luciano vorrei però accennare subito: la sua grande disponibilità, nel lavoro, molto effettivo, e nella vita di comunità, dove era sempre un punto di serenità e di gioia. Sentiva molto la comunità come sua famiglia: preparava canti popolari italiani per i giorni di festa e per gli incontri”.
Quasi tra parentesi, vorrei annotare che tra i materiali contenuti nella già citata scatola, ci sono, appunto, spartiti e testi di canti popolari e un contenitore di cassette di canti popolari e giovanili. Riprendo la citazione.
“Era molto fedele ai momenti di comunità e di preghiera. Era un vero credente e religioso convinto.
Sentiva anche molto la sua famiglia, vicino a Firenze; nelle gite comunitarie siamo andati tutti due volte al suo paese, e ci hanno preparato un vero banchetto, con tanto affetto.
Amava molto ricordare i luoghi dove aveva lavorato come salesiano: Genova e, soprattutto, Vasto nell’Adriatica di allora… Manteneva frequente corrispondenza con tante persone conosciute in queste case, che gli hanno voluto bene”.
La seconda testimonianza. Mi è arrivata nel formato di “alcuni flash su Luciano”.
“[Luciano è stato] una splendida figura di salesiano coadiutore, profondamente innamorato della sua vocazione, che continuava a curare con ima grande fedeltà nella vita di preghiera, nella partecipazione comunitaria e nella missione giovanile, anche quando, come qui all’UPS, doveva occuparsi più di economia che di pastorale diretta.
Il suo sorriso costante e la sua accoglienza (sempre il primo passo con ognuno) mettevano immediatamente a proprio agio. La stessa affabilità si poteva notare non solo con i salesiani ma anche col personale laico e con gli impiegati. La loro presenza così numerosa al funerale lo può confermare. [Era] profondamente legato ai suoi familiari, specie a suo fratello Piero e alla gente di Borgo san Lorenzo; ci teneva perché tutta la comunità fosse coinvolta anche con questo suo legame. Più volte siamo stati con tutta la comunità a Borgo san Lorenzo a pranzo preparato da loro e sovente Piero e Margherita, la moglie, venivano in comunità a condividere con noi la gioia di famiglia comunitaria”.
* * *
Il Signor Luciano, insieme al Beato Artemide Zatti, al Venerabile Simone Srugi e al Servo di Dio Stefano Sandor, e a tanti splendidi salesiani coadiutori, di cui molti di noi abbiamo fatto bella esperienza nella nostra vita salesiana, ci continui a benedire dal Cielo e ci aiuti a volerci bene “di cuore”, a vivere profondamente il “da mihi animas”, a “sentirci a casa”, giorno dopo giorno, camminando insieme, edificando la Chiesa, confessando il Signore, custodendo gli altri, noi stessi e il mondo, con i giovani, qui all’UPS.
Carlo Nanni Rettore UPS
Io sono il tuo Dio e ti sono vicino:
non ti basta?
Che vuoi dunque di più sulla terra di ciò che riempie il mio Cuore?
Io sono il tuo Dio e ti resto fedele anche quando ti mando la croce; per quanto questa pesi, ricordati che io sono con te, che cosa vuoi di più?
Io sono il tuo Dio e penso a te.
Dall’eternità ho pensato a te. Ho scritto
il tuo nome profondamente nel mio Cuore, sì che non avessi mai a dimenticarmi di te.
Io sono il tuo Dio e regolo tutto.
Io sono il tuo Dio.
Che cosa vuoi di più?
Fatti coraggio!
Nulla ti costi, poiché chi possiede
Il mio Divin Cuore ha tutto ciò che gli può abbisognare.
Il mondo passa, il tempo fugge;
gli uomini scompaiono, la morte tutto rapisce.
Una sola cosa ti resterà sempre: il tuo Dio.
Al sig. Luciano Nocera
La tua adorata mamma adottiva Elena.
È sempre con te. Vasto, Giovedì 30 luglio 1995, ore 15,30